
11. IL CORAGGIO OLTREMADRE
Troppo impegnata, ho sempre rinviato: parlo dell’avere figli, del desiderare essere madre. Un vago senso di colpa. Poi una sera ho a cena 15 psicanalisti. Arrivati al caffè, davanti al camino, prendo coraggio e chiedo loro: «ho sbagliato?». Risposta: «ma chi te l’ha detto che non sei madre? Tu sei una ultra-madre!». Fine del senso di colpa.
Effettivamente ho sempre accudito tutti come figli. I miei fratelli da piccoli, i miei genitori novantenni, i nostri ospiti, i ragazzi in cucina e in un certo senso anche i colleghi del gruppo ristoratori Ascom, che presiedo da tre mandati.
Non mi piace essere chiamata chef, preferisco mi si chiami per nome. Da bambina mi prendevano in giro, mi chiamavano Petrolio. Solo in anni recenti ho riscoperto e amato Petronilla, donna eccezionale, all’anagrafe Amalia Foggia Moretti, figlia di speziali, pediatra al Mutuo Soccorso di Milano, si dilettava di cucina e teneva sul Corriere due rubriche: una di pediatria, firmandosi Dr. Amal, l’altra “Le ricette di Petronilla”, che iniziavano così: “Stamattina con la mia servetta sono andata al mercato, devo preparare un pranzettino per mio marito, perché sapete che i mariti vanno coccolati…”.
Era la cucina vista dal mondo femminile, era mia mamma, mia nonna, era un accudire. Oggi con gli chef la cucina è diventata un tecnicismo, un sedurre.
I miei gestivano il Ristorante Posta, già stazione cambio cavalli, ufficio postale, locanda, pesa, banca, notaio, biglietteria, posto telefonico pubblico…
Quando è arrivato il registratore di cassa, fine anni Settanta, sono andati in crisi psicologica. Io studiavo economia e commercio, mia sorella Luisa anche, gli altri fratelli andavano a scuola. Non è stata una scelta, ma un atto di responsabilità. Con me, come me, mia sorella Luisa, in simbiosi, da sempre. Fin da ragazzine lei in sala, io in cucina.
Dopo qualche anno ci rendiamo conto che serviva una ristrutturazione radicale. Quasi per caso incontriamo l’architetto Luzardi. Ci apre un mondo. Gli diamo carta bianca. La sera dell’inaugurazione la gente entrava, guardava, usciva senza parole. Quella sera, sedute sulla panca del bar io e mi sorella ci guardiamo: «Luisa, adesso dobbiamo cambiare tutta cucina». Mia sorella insegnava: dopo 15 anni ha avuto il coraggio di licenziarsi. Il funzionario non ci credeva, non voleva darle il modulo. «Ho vinto al totocalcio» gli disse. Erano gli anni di Vissani, Marchesi, la nuova cucina italiana. Fine del servizio al tavolo, la nuova parola è “impiattamento”. Poco per volta, abbiamo cambiato tutto.
Nel frattempo nostro fratello Paolo, l’unico che ha fatto l’alberghiera, torna dalla California portando stimoli e idee nuove. Nel 90 abbiamo aperto Frosio ad Almé, con il coraggio di firmare mutui, perché in casa le firme le mettevamo tutti.
Da cosa nasce cosa, ecco l’Hotel Petronilla, piccolo, un boutique hotel, in S. Lazzaro a Bergamo, allora zona degradata, oggi borgo di pregio.
Oggi i ristoranti hanno l’ufficio stampa, ma per me gli unici critici sono sempre stati i clienti. Cucina nuova, ma sempre radicata, “piedi in valle, testa fuori”, la tradizione rivisitata, alleggerita, reinterpretata. Ho sempre insistito per mantenere la cucina di territorio tradizionale. Per questo mi sono impegnata nella categoria, perché i cuochi bergamaschi stavano perdendo l’orgoglio, le radici. Ma se perdi la cucina della tua terra, perdi la tua identità.
MULTI
#coraggiodavendere